Con la body communication i calciatori tornano al centro del villaggio globale e mettono in crisi le strategie di comunicazione dei brand.
È il corpo e non il pallone, infatti, a portare in cima alla classifica dei trending topic il Campionato europeo di calcio. Cristiano Ronaldo che, in conferenza stampa, toglie dal tavolo la Coca Cola per sostituirla con l’acqua manda un messaggio di attenzione alla salute e al contempo vaporizza l’investimento in pubblicità e product placement della Coca. E poi l’impatto raddoppia, quando il francese Paul Pogba fa lo stesso con la birra Heineken (peraltro in versione alcol free).
Il primo grande evento sportivo post Covid-19 aveva già segnalato la rilevanza mediatica del corpo dei protagonisti alla presentazione della maglia da gioco della nazionale ucraina: la maglia riporta un ricamo con la mappa del Paese, in cui è facile riconoscere la penisola di Crimea, annessa militarmente dalla Russia nel 2014. Una disputa territoriale che sembrava destinata ai testi di storia ed è diventata invece un caso mediatico e diplomatico non appena se n’è impossessato il corpo dei calciatori.
Cos’è la body communication
La body communication non va confusa con il body language e la comunicazione non verbale. Il linguaggio del corpo riguarda la postura, i movimenti, le espressioni che accompagnano e integrano la comunicazione verbale. Nella body communication, invece, il corpo è il messaggio. Pensiamo al pugno chiuso, guanto nero e testa bassa dei velocisti Tommie Smith e John Carlos, per rivendicare i diritti i civili degli afroamericani sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico, il 16 ottobre 1968. O alla danza Haka degli All blacks, la nazionale di rugby della Nuova Zelanda: un rito dell’identità maori che è uscito dai campi da gioco per diventare icona comunicativa e poi caso diplomatico quando è finito in uno spot della Fiat.
Chiusa la fase dello schiacciamento bidimensionale delle persone dietro agli schermi delle videochiamate e dello smart working, il corpo ritorna protagonista e genera situazioni inaspettate.
I gesti di Ronaldo e Pogba sono in linea con l’outing sostenibile inaugurato da Greta Thunberg, ma allo stesso tempo complicano le strategie di esposizione dei brand.
Una minaccia per i brand?
L’industria di marca è cosciente di poter incorrere in contestazioni o boicottaggi e si attrezza investendo sulla comunicazione di crisi, ma il gesto improvvisato di un influencer in diretta planetaria è difficilmente governabile, oltre a manomettere il concetto stesso di testimonial, di colui cioè che si espone a favore di un brand o di un prodotto e mai contro. Fino a ieri.
Ci aspetta un aumento dei contenziosi legali? Un inasprimento dei contratti che legano imprese e testimonial? La fuga degli investimenti dalle sponsorizzazioni verso altre forme di promozione?
Di certo, l’uso del corpo a scopo di comunicazione sarà oggetto di tentativi di normalizzazione forzata. La Uefa ha stigmatizzato ufficialmente il balletto delle bottigliette e potrebbe sanzionare i comportamenti non conformi.
Mentre la censura si è già manifestata per un altro gesto che pure avevamo già visto durante gli Europei di calcio: il ginocchio a terra in segno di solidarietà con il movimento per i diritti civili Black Lives Matter. Prima della partita Francia-Germania del 15 giugno 2021 non si è inginocchiato nessuno: la squadra francese lo aveva fatto durante le qualificazioni, ma l’impatto della body communication in mondovisione sarebbe stato troppo forte per una nazione alle prese con conflitti pronti a esplodere, così la moral suasion sportiva ed extrasportiva ha avuto la meglio. Per questa volta.
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Questo articolo è stato realizzato dalla redazione di STAMPA FINANZIARIA.IT
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