Cambridge Analytica è sopravvalutata. E Renzi sbaglia

“Clic propaganda analizza le principali campagne elettorali che si sono svolte nella fase di transizione dalla centralità televisiva alla multicanalità. E spiega che i social sono un’arma formidabile. Ma fallibile…”
L’ex premier Matteo Renzi e l’ex presidente americano Barack Obama

 

 

 

 

 

 

 

 

Ce l’hanno venduta come apertura verso spazi di libertà crescenti e invece ci avvolge come una gabbia: è il concetto di rete restituito da Clic propaganda, un’analisi della comunicazione politica al tempo dei social network, realizzata da Alessandro Beulcke e Odoardo Ambroso, provenienti uno dal marketing e l’altro dalla comunicazione. Il libro (Lswr edizioni, 2019) percorre con ricchezza di dati le principali campagne elettorali che si sono svolte nella fase di transizione dalla centralità televisiva alla multicanalità: la sfida tra Berlusconi e Rutelli nel 2001, quella tra George W. Bush e John Kerry nel 2004 e poi le due vittoriose campagne presidenziali di Barack Obama, quella di Emmanuel Macron, fino al terremoto elettorale di Trump in America e dei 5 Stelle in Italia. I punti chiave del lavoro stanno nel raffronto, istruttivo, tra le scelte di comunicazione fatte dai vincitori e quelle dei vinti e nel tentativo di definire il peso specifico delle differenti tecniche adottate da spin doctor sempre meno ancorati a imperativi morali. Come mostrano il linguaggio e gli attrezzi da scasso adottati dai Brexiteers in Gran Bretagna e dalla coppia Trump-Bannon.

Cambridge Analytica inclusa, su cui sono riportati una serie di studi che tuttavia ne ridimensionano notevolmente l’impatto sulla vittoriosa cavalcata trumpiana. E’ possibile quindi che la psicometria applicata da Steve Bannon non porti necessariamente a soluzioni rigidamente predittive, come la psicostoria prefigurata da Isaac Asimov nel ciclo della Fondazione. Resta però centrale il tema della crescente mole di dati personali che viene raccolta e trattata per via algoritmica allo scopo di generare, anche con forme automatizzate, messaggi elettorali a misura di singolo elettore, con lo scopo di ottenere una corrispondenza affidabile tra un input e un voto. Diciamo che il libro mette in scena una rincorsa continua: le strategie di controllo del consenso attraverso strumenti informatici capaci di autoalimentarsi, i punti deboli che di volta in volta minano la post democrazia algoritmica e di nuovo l’avanzare di tecnologie apparentemente in grado di alterare pesantemente le votazioni.

Il libro è in buona parte un manuale di tecniche di marketing e social media management applicate alla politica, allargando però lo sguardo all’interazione con le metodologie più tradizionali di comunicazione politica: targettizzazione, contatto diretto con gli elettori, contestualizzazione dei messaggi (framing) e storytelling, naturalmente. Questo permette di leggere meglio la realtà italiana, con il vantaggio competitivo accumulato dal M5S, grazie a una strategia di comunicazione di lungo periodo fortemente preordinata, e la debolezza di Matteo Renzi, limitato da una strategia di pura reazione, che non paga. L’ultima parte dell’opera prova a proporre possibili forme di autodifesa contro lo strapotere dei bot e dell’intelligenza artificiale. Si parla di codici etici, certificazione delle informazioni, perfino di sussidi all’informazione di qualità, ma è evidente che ogni proposta normativa è anche politicamente divisiva, se a confrontarsi sono il partito della rete e il partito del governo della rete.

Nella lettura della realtà italiana, manca sorprendentemente il versante Lega. Anche se è facile vedere dove nascono le sue operazioni virali: il Vinci Salvini, per esempio, ha i suoi antenati nelle campagne di Obama e Romney nel 2012. E anche lì uno solo ha vinto.