Ombre di uomini e donne Ombre di uomini e donne

Donne discriminate nell’uso del denaro

“Una ricerca di Banca Widiba con l’Università Cattolica del Sacro Cuore sottolinea che i consulenti finanziari sono influenzati dagli stereotipi di genere nello svolgimento dell’attività di consulenza…”
Ombre di uomini e donne
La consulenza finanziaria ha ancora molti stereotipi di genere

 

 

 

 

 

 

I consulenti finanziari sono influenzati dagli stereotipi di genere nello svolgimento dell’attività di consulenza. E gli uomini impiegati in questo lavoro tendono a offrire alle clienti donne servizi e prodotti a più basso rischio e complessità. È uno dei risultati che emergono dalla ricerca “Donne e Denaro: una sfida per l’inclusione”, avviata da Banca Widiba in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Donne messe da parte in finanza

L’indagine multidisciplinare si è fondata su un’analisi della letteratura, a cui è seguita una ricerca qualitativa, con focus group che hanno coinvolto le donne e i consulenti finanziari, e una quantitativa su oltre 2000 persone.

Dalla ricerca emerge che le donne, nonostante si considerino capaci di investire, percepiscono le loro conoscenze in ambito finanziario insufficienti, hanno meno esperienza di investimento e indicano generalmente una minore propensione al rischio, a prescindere dal titolo di studio. La difficoltà di accesso alle informazioni utili non risale a differenze legate ai processi educativi, ma è riscontrabile in tutto il contesto sociale che vede le donne come attori secondari nel mondo della finanza. Dallo studio emerge poi che gli stereotipi ancora persistenti nella nostra società sono responsabili dell’allontanamento delle donne dalla gestione del denaro.

Tutto questo emerge in modo chiaro nell’attività di consulenza finanziaria. I consulenti uomini interrogati nello studio hanno scelto più prodotti a bassa complessità per la cliente donna, rispetto al cliente uomo, a differenza delle consulenti donne che non hanno operato in modo differente nella scelta. Inoltre, i consulenti finanziari uomini hanno scelto di dedicare meno tempo alla giustificazione della scelta del portafoglio rispetto alle consulenti finanziarie donne. Le consulenti finanziarie donne sembrano quindi avere maggiore consapevolezza della lacuna conoscitiva delle donne e cercano di colmarla dando maggiori informazioni.

Cancellare il FinGap

In Italia è stato coniato un termine apposito per parlare delle disparità di genere in finanza. Si chiama FinGap, unione di Finanza e Gender-Gap, e indica la differenza di trattamento tra uomini e donne, professionisti del settore. Oggi solo il 20 per cento della platea dei consulenti finanziari è costituito da donne e percentuali simili le ritroviamo anche nei comitati esecutivi e nei consigli di amministrazione delle principali realtà del settore. A braccetto con tutto questo va una differenza salariale che a parità di ruolo tende a remunerare più gli uomini, prova del fatto che il problema della disparità di genere e degli sterotipi trattamentali sta a monte, prima ancora che nel rapporto della finanza con il consumatore.

Come sottolinea la ricerca di Banca Widiba e Università Cattolica del Sacro Cuore, per correggere questa situazione servirebbe un’azione di sistema che passi da un aumento del numero di consulenti finanziarie donne e da una maggiore sensibilizzazione dei consulenti finanziari uomini rispetto all’influenza che gli stereotipi di genere hanno sul loro comportamento. Ma più in generale, occorre un lavoro di riflessione e di progettazione di nuove soluzioni di intervento per avvicinare le donne al mondo della finanza e renderle più forti e solide economicamente, contribuendo al superamento del divario di genere che ancora persiste in questo campo. Anche perchè, come ha spiegato il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Piero Cipollone, “Donne finanziariamente più consapevoli, affrontano meglio le sfide quotidiane legate alle scelte finanziarie e possono riconoscere e gestire eventuali abusi di tipo economico”. Un processo necessario, in un contesto come quello italiano dove una donna su tre che si è rivolta ai centri antiviolenza nel 2020 lo ha fatto per violenza economica, vale a dire per quelle forme di subordinazione, dipendenza e controllo a cui si è sottoposti nel circuito familiare.

 

Questo articolo è stato realizzato dalla redazione di STAMPA FINANZIARIA.IT

STAMPA FINANZIARIA fornisce contenuti per siti e blog aziendali, servizi di ufficio stampa e comunicazione d’impresa, progetti di brand journalism, testi per la pubblicità e il marketing.