I corsi di educazione finanziaria? Non funzionano

“Il livello di educazione finanziaria degli italiani anziché crescere è diminuito. Lo rivela l’indagine 2021 dell’Osservatorio nazionale sull’educazione economica e finanziaria (Oneef)…”
La nuvola di parole generata dai titoli dei progetti di educazione finanziaria varati nel biennio 2019-2020

 

Agli italiani mancano non soltanto le competenze finanziarie, ma perfino la capacità di insegnarle. Dopo anni di convegni, articoli, corsi, giochi e libriccini sulla Borsa, lo spread o l’interesse composto, il livello di educazione finanziaria degli italiani anziché crescere è diminuito.

«In Italia, le competenze finanziarie dei 15enni, rilevate dalle indagini internazionali Ocse-Pisa, risultano peggiorate rispetto al 2015 e negli adulti sono peggiorate non soltanto le conoscenze, ma anche la propensione al risparmio e alcuni comportamenti virtuosi»: sono le conclusioni dell’indagine condotta dell’Osservatorio nazionale sull’educazione economica e finanziaria (Oneef) e presentata il 23 aprile 2021 insieme al Dipartimento di Scienze economico-aziendali e Diritto dell’economia dell’Università di Milano-Bicocca.

Spagna e Polonia meglio dell’Italia

«In altre nazioni, come la Spagna, gli Stati Uniti, la Slovacchia e la Polonia, le competenze finanziarie hanno registrato un miglioramento nelle nuove generazioni, quindi bisogna chiedersi da dove nasce la peculiarità del caso Italia», dichiara Emanuela Rinaldi, responsabile scientifica dell’Osservatorio e ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Bicocca.

Per rispondere a questa domanda, l’indagine dell’Oneef ha analizzato 280 progetti realizzati nel biennio 2019-2020, con risultati poco lusinghieri per molti dei 230 enti che li hanno promossi, tra cui figurano banche, scuole, imprese, fondazioni, associazioni, mass media, cooperative.

Educazione finanziaria di bassa qualità

I punti di caduta sono tre: il mancato recepimento delle buone prassi del settore, l’assenza di obiettivi chiari e la scarsa attenzione per la valutazione dei risultati.

«Dal punto di vista qualitativo, molte delle iniziative ignorano del tutto sia le linee guida del comitato ministeriale per la programmazione delle attività di educazione finanziaria sia i 15 indicatori per migliorare la qualità delle attività educative proposti a partire dal 2019 da diversi esperti del mondo accademico e degli enti progettisti», spiega Rinaldi. «Inoltre, nel 40% dei progetti gli obiettivi dichiarati sono generici e lontani dalla metodologia “Smart”, l’acronimo che indica a quali criteri devono rispondere gli obiettivi di un’iniziativa per facilitarne il monitoraggio e la valutazione: specificità, misurabilità, accessibilità (raggiungibilità), realismo, tempistica definita. Non a caso, più del 70% delle attività rilevate non contempla la valutazione».

Sei raccomandazioni per il futuro

Una battuta d’arresto che tuttavia potrebbe rivelarsi salutare, se favorirà la diffusione delle prassi virtuose. Tra gli elementi positivi segnalati dall’indagine Oneef, emerge per esempio «un aumento dal 20% al 30% dei programmi con una definizione chiara e specifica» e anche una quota crescente (circa il 30%) di iniziative «frutto della collaborazione tra soggetti diversi, ad esempio scuole, associazioni non-profit e istituzioni private, in linea con le raccomandazioni degli esperti».

Per invertire la tendenza, il rapporto si chiude con una serie di raccomandazioni pratiche.

  1. Creare sinergie tra gli enti che si occupano di educazione finanziaria, al fine di raggiungere obiettivi definiti e condivisi
  2. Definire gli obiettivi secondo la metodologia “Smart”, in linea con le raccomandazioni del Ministero dell’Economia e dell’Ocse
  3. Valorizzare il dialogo tra la ricerca accademica sulle competenze finanziarie, i rappresentanti degli enti progettisti e i docenti di scuole e centri di formazione
  4. Incrementare lo studio sull’efficacia dei programmi, per individuare, con criteri obiettivi o tramite enti terzi, le best practice replicabili su scala più ampia
  5. Aumentare le attività rivolte ai gruppi di popolazione più vulnerabili, quali donne, anziani, migranti, piccoli imprenditori
  6. Valorizzare le community già esistenti, con un dialogo aperto tra settore pubblico, privato, mondo scientifico e non-profit, evitando le strumentalizzazioni di natura commerciale.

Qui è possibile scaricare gratuitamente l’indagine Oneef.

 

Questo articolo è stato realizzato dalla redazione di STAMPA FINANZIARIA.IT

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