allarme del senato lo smartphone danneggia il cervello dei giovani

La copertina del libro di Andrea Cangini con le relazioni della commissione Istruzione del Senato

 

L’abuso di smartphone e videogiochi da parte dei minori genera la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, come capacità di concentrazione, memoria, adattabilità, allo stesso modo della cocaina. Questa la tesi del libro di Andrea Cangini, evidente fin dal titolo, “Coca web. Una generazione da salvare”.

Una tesi sconvolgente? Esagerata? Poco credibile? Leggere per credere.

Il web è come una droga. Forse peggio, perché oltre alla dipendenza e ai danni psicologici e neurologici, ci sono i danni fisici documentati, come l’enorme aggravarsi della miopia, che colpisce dal 30 al 50% dei giovani europei, contro una media dell’1-5% (ma in Cina si arriva all’80% e in Corea al 95%), la depressione e i suicidi, che sono quasi raddoppiati a partire dal 2001, quando fu introdotta la prima consolle per i videogiochi.

Con l’aggravante che il fenomeno appare impossibile da controllare. A meno di decisioni drastiche ma improbabili, come il divieto di accesso ai social per i più giovani.

Danni al cervello noti e prevedibili

Il libro raccoglie le relazioni della commissione Istruzione del Senato sull’impatto del digitale sugli studenti: potrebbe essere una delle cose più noiose del mondo e invece fa correre i brividi lungo la schiena, per la drammaticità degli scenari raccontati.

Contiene dieci relazioni, oltre a un’istruttiva introduzione del curatore, che è un giornalista di lungo corso e nel 2018 è stato eletto senatore nelle liste di Forza Italia (da cui è uscito dopo che il partito ha negato la fiducia al Governo Draghi, a luglio 2022).

A leggere la denuncia dell’autore per una catastrofe annunciata ma ignorata, si ha la sensazione del deja vu: vengono in mente le denunce sui rischi dell’eccesso di emissioni di CO2, che risalgono ormai a oltre 50 anni fa, e l’odierna situazione di irreparabile alterazione ambientale.

La terminologia usata nelle diverse relazioni è sconvolgente (difficile definirla diversamente): si parla di genocidio culturale, per milioni di giovani segnati per sempre da deficit mentali noti e prevedibili; di alterazioni del cervello, già documentata per il fenomeno dell’hikikomori: giovani che si chiudono in una vita perennemente connessa, ma passiva e senza relazioni, dilagato in Oriente ma che conta oltre 100 mila casi in Italia); di demenza senile nei giovanissimi; di deprivazione emotiva.

Denunce inascoltate

A collegare questo tipo di danni con l’uso e l’abuso dei dispositivi elettronici non sono attiviti no-vax, complottisti e luddisti, ma medici e studiosi: neurologi, psichiatri, pedagogisti, psicologi, antropologi, docenti.

Apre Manfred Spitzer, neuropsichiatra e direttore del centro di Neuroscienze dell’Università di Ulm, in Germania, e chiude Annunziata Ciardi, direttrice del servizio di Polizia postale, che rincara la dose con l’impennata di aggressioni online ai danni dei minori favorita dal lockdown e dalla didattica a distanza – adescamenti, cyber bullismo, truffe online – e annuncia l’istituzione di un apposito Centro anticrimine per i minori online. Che però è ancora sulla carta.

La scuola digitale produce analfabeti

Cosa fare non lo sa nessuno. In molti pensano che l’ideale sarebbe regolamentare l’uso di smartphone e tablet per i minorenni, con divieti o rigide limitazioni temporali. E tutti riconoscono che questa strada non è praticabile.

Bisognerebbe fare formazione su questi temi, anche se i primi ad averne bisogno sono i genitori, che sono i primi ad alimentare il problema, incapaci a loro volta di imporre regole ai figli. Regole su cui, singolarmente, hanno saputo essere inflessibili soltanto i manager della Silicon valley, che hanno imposto ai figli scuole che non usano il digitale ma la classica lavagna con i gessi.

Del resto, spiega Spitzer, tutte le ricerche internazionali dimostrano che più la scuola si digitalizza più le competenze degli studenti diminuiscono. E anche la loro capacità di giudizio (“l’82% degli studenti non distingue una notizia da un contenuto sponsorizzato”) e i loro redditi. Sembra un sinistro richiamo alla segmentazione delle classi sociali immaginata da Aldous Huxley ne Il mondo nuovo.

Social media a pagamento?

Di recente, in un articolo su un noto quotidiano finanziario, Mauro Masi, delegato italiano alla Proprietà intellettuale, ha ipotizzato di trasformare i social media in servizi in abbonamento, anche se “servirebbe una legge specifica in tal senso, ipotesi piuttosto complessa”.

Se le soluzioni sono complesse, il primo passo da fare resta comunque un presa di coscienza della gravità del problema. Che non è affatto ignoto ai colossi del web, che possono però contare sulla capacità lobbistica e il potere intimidatorio, ricorda Cangini.

Quindi, quando sentiamo parlare di poteri forti, ricordiamoci di quelli che portiamo in tasca e nelle cartelle dei nostri figli e ci offrono la non gratuita serenità di mantenerci connessi.

 

Andrea Cangini, Coca web. Una generazione da salvare, Minerva Edizioni, 2022, pp. 176, € 15.

 

Questo articolo è stato realizzato dalla redazione di STAMPA FINANZIARIA.IT

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