La sede di Intesa Sanpaolo. La sua controllata Eurizon ha lanciato il primo Eltif italiano

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo i Piani Individuali di Risparmio (Pir), introdotti in Italia nel 2017, un nuovo prodotto che investe nell’economia reale si affaccia sul mercato del risparmio nostrano: i fondi European Long Term Investments (Eltif). Chiamati i “Pir europei”, questi strumenti di investimento alternativo si prefiggono di avvicinare il risparmiatore privato alle Pmi, di solito snobbate dall’investitore medio. Per farlo, permettono di investire sia nel capitale di rischio sia in quello di debito delle aziende di medie e piccole dimensioni e sono inoltre commercializzabili tra gli investitori retail.

Di Eltif se n’è parlato per la prima volta nel 2015, quando sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea è apparso il regolamento UE numero 760, che ha segnato la nascita di questa nuova categoria di fondi. Il decreto legislativo 233/2017, entrato in vigore nel gennaio 2018, ha poi adeguato la normativa italiana alle disposizioni comunitarie.

Per gli Eltif, la normativa stabilisce la quota 70-30: il 70% dovrà essere investito in azioni societarie, il 30% in liquidità o altri investimenti finanziari. Per quanto riguarda gli investimenti in società, dovranno essere rispettati diversi requisiti. Non dovrà trattarsi di società finanziarie nè quotate su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di scambi, mentre è indispensabile la loro domiciliazione in uno stato dell’Unione Europea o in un altro stato che soddisfi determinati requisiti in termini di normative su riciclaggio, antiterrorismo e fisco. L’investimento dovrà poi avvenire unicamente in realtà di medie e piccole dimensioni, che devono capitalizzare meno di 500 milioni di euro.

A differenza dei Pir, per cui è prevista l’esenzione totale dalle imposte sulle rendite finanziarie, sulle plusvalenze di capitale e sull’imposta di successione se si mantiene l’investimento per almeno 5 anni, per gli Eltif non sono previste in principio agevolazioni fiscali. Eppure si è iniziato a discutere anche di questo, almeno a livello italiano: un emendamento al Decreto crescita del maggio 2019 prevedeva una detrazione fiscale del 30% sul reddito delle persone che acquistano quote di questi fondi chiusi di nuova formazione. Per problemi di copertura l’introduzione di queste misure è però slittata alla Manovra finanziaria 2020. Starebbe quindi prendendo corpo un intervento in due tempi: introdurre da subito le esenzioni delle tasse sul capital gain, rinviando invece all’autunno la detrazione ai fini Irpef e Ires nel caso di eventuali investimenti.

Intanto sul mercato italiano iniziano a farsi vedere i primi fondi di questo tipo. Eurizon fino al 30 aprile ha offerto l’Eurizon Italian Fund ELTIF (ne ha parlato Milano Finanza), un fondo chiuso non quotato che vincola l’investimento su un orizzonte di 7 anni. Muzinich & Co., in collaborazione con Cordusio Sim, ha invece annunciato in primavera il lancio sul mercato italiano del Firstlight Middle Market Eltif (ne ha parlato il Sole 24 Ore), un fondo a 6 anni con una soglia d’investimento di 30-50 mila euro, che investirà in un portafoglio dinamico di strumenti liquidi (syndicated loan europei ed obbligazioni high yield) e illiquidi (private debt europeo).