Un’opera dello street artist Banksy dedicata alla Brexit

 

Il 31 ottobre a Wijk aan Zee, località di mare olandese, arriveranno migliaia di persone. E’ infatti in programma il beach party più europeista che ci sia, una festa a base di musica, food truck e altre attività per porgere l’estremo saluto a quella Gran Bretagna che proprio l’ultimo giorno di ottobre lascerà in modo definitivo l’Unione Europea. O forse no.

Il 4 settembre la camera bassa del Parlamento del Regno Unito ha approvato una legge che costringe il governo a chiedere all’Unione Europea di rimandare la scadenza di Brexit. L’obiettivo è impedire il cosiddetto “no deal”, l’uscita senza accordo. Una soluzione considerata disastrosa, perché l’assenza di rassicurazioni e accordi commerciali con i paesi europei avrebbe gravi conseguenze economiche su tutta l’Eurozona, oltre che sulla stessa Gran Bretagna.

Le negoziazioni tra britannici e istituzioni europee per concretizzare la vittoria del no al referendum del 2016 vanno avanti da ormai molto, troppo tempo. Negli ultimi mesi l’Unione Europea ha ripetutamente detto di non avere intenzione di modificare l’accordo trovato con il governo di Theresa May, che è però stato bocciato più volte dal Parlamento britannico. Dall’Ue hanno anche fatto sapere di non voler cambiare il backstop, un meccanismo che garantisce l’esistenza di un confine non rigido tra l’Irlanda, che resta paese membro dell’Ue, e l’Irlanda del Nord, che sarebbe extra-Ue in quanto regione del Regno Unito. Un sistema che assicura una maggiore integrazione dell’Irlanda del Nord nel mercato unico europeo rispetto al resto del Regno Unito. I sostenitori della hard Brexit sottolineano che il backstop rischia di legare in maniera indefinita il paese all’Ue. L’idea che l’Irlanda del Nord riceva un trattamento diverso dal resto del paese è inoltre considerata inaccettabile per molte forze politiche britanniche, inclusi quegli scozzesi che in maggioranza sono contrari alla Brexit e che vorrebbero, a quel punto, lo stesso trattamento dell’Irlanda del Nord.

Mentre si continua a discutere, il tempo ha intanto presentato il conto. Come sottolinea il Sole 24 Ore, a fine agosto la sterlina aveva perso sul dollaro il 4,7% da inizio anno e l’8% dai massimi di febbraio. Questa flessione costante, iniziata nel 2016, ha portato a un aumento dell’inflazione in Gran Bretagna, che ha sfiorato il 3% nei mesi scorsi, per poi stabilizzarsi al 2%. Secondo le stime di Standard & Poor’s, a oggi la Brexit è già costata 66 miliardi di sterline in termini di minor ricchezza generata dall’economia britannica, mentre, se al referendum avesse vinto il remain, il Pil avrebbe potuto essere superiore del 2,9% rispetto ai livelli attuali.  L’incertezza ormai pluriennale sui negoziati ha poi avuto un impatto sugli investimenti privati, dato che le aziende hanno iniziato a mettere a punto piani di emergenza in caso di uscita senza accordo, piuttosto che studiare strategie di investimento.

Uno scenario nero, che non ha comunque tolto la voglia di festeggiare agli abitanti di Wijk aan Zee. “Deve essere un bell’addio a un buon amico che si sta imbarcando in un’avventura emozionante, ma forse non troppo intelligente”, ha dichiarato l’organizzatore del beach party. Chissà che a vedere i preparativi, le varie iniziative e il clima festoso che si respirerà quel giorno nella comunitaria Olanda, ai britannici non torni nostalgia di Europa.